A cura della Redazione
E’ saltato l’accordo sindacale per l’apertura al pubblico degli Scavi di Pompei e degli altri siti vesuviani a Natale e Capodanno. A leggere il documento sottoscritto dai sindacati non sfugge il profondo contrasto tre le rappresentanze dei lavoratori e la soprintendente archeologa Cinquantaquattro. Tra l’altro i sindacati lamentano ritardi del pagamento degli straordinari per le festività dell’anno scorso. Per le Organizzazioni Sindacali il progetto proposto per quest’anno, se realizzato, avrebbe penalizzato lavoratori e turisti senza valorizzazione del sito archeologico, a causa del numero insufficiente di custodi messi a disposizione. A differenza del passato, quest’anno il progetto di apertura al pubblico del monumento archeologico era limitato solo alla mattina a causa dello scarso numero di custodi. Le organizzazioni sindacali nell’incontro con la direzione Sanp hanno evidenziato che, nel progetto predisposto, per Pompei erano state inserite meno unità lavorative di quelle disponibili, con un’evidente discriminazione anche rispetto ad altri siti appartenenti alla stessa Soprintendenza. L’Amministrazione ha previsto per quel giorno, per il Museo Nazionale di Napoli 124 custodi a fronte di 130 previsti per Pompei. E’ invece evidente che per Pompei occorre un numero maggiore di addetti rispetto al Museo Nazionale, sia per la vastità dell’area che per il numero di visitatori. I sindacati avevano proposto al Soprintendente di aumentare il numero dei custodi per Pompei utilizzando anche lavoratori di altre categorie (così come deciso per il MANN) su base volontaria. La proposta non è passata. Appare, a questo punto, chiaro in primis il forte contrasto tra sindacati di Pompei e soprintendente Cinquantaquattro. «Ignora le regole della contrattazione sindacale mentre ha inviato al Ministero un “verbale di accordo sindacale” nullo perché privo delle firme della maggioranza delle organizzazioni sindacali”. Hanno tuonato i sindacati che hanno abbandonato il tavolo di concertazione. Caso increscioso che si ribalta negativamente sull’immagine del famoso sito archeologico e dimostra l’inadeguatezza di direzione di una realtà aziendale dei Beni Culturali diventata ancora più difficile dopo che i siti archeologici vesuviani sono stati aggregati, in un’unica gestione al Mann ed al resto della provincia archeologica napoletana. MARIO CARDONE