A cura della Redazione
I commissari della Prefettura di Napoli, che hanno ricevuto la proroga di due mesi al mandato ispettivo anticamorra presso il Comune di Pompei, consulteranno sicuramente le carte della "d.i.a. Albergo del Rosario” depositate presso l’UTC, per vederci chiaro sul ruolo dell’amministrazione nella controversia tra un imprenditore locale e la direzione della Chiesa, nata su basi private ma che ha originato un polverone che interessa il futuro della città. Dalle carte tecniche depositate al Comune, propedeutiche all’apertura del cantiere, si potrà appurare la controversia nata nella fase applicativa del contratto di concessione dell’Albergo a quattro stelle in gestione dalla Chiesa di Pompei all’imprenditore Franco Tedesco. Riguarda il riconoscimento di un varco dal recinto dell’Hotel all’area meeting (la cittadella della Chiesa di Pompei) dove si trova il parcheggio, che serve la clientela dell’albergo. Il direttore dei lavori ha dovuto cancellare dalla pianta del progetto la porta che dall’albergo introduce allo spazio privato della Chiesa, causa il rigido divieto dell’Arcivescovo. L’ intransigenza ha fatto saltare l’affare. Tedesco ha preferito ritirarsi, cedendo la quota nella società di gestione dell’albergo ad un gruppo immobiliare salernitano che ha aperto il cantiere. Iniziativa stoppata dalla magistratura sulla base dell’esposto degli avvocati di Liberati che hanno contestato la regolarità del cambio di gestione. Non è tutto. Tedesco pare non sia stato pagato ed ha mosso a sua volta causa al costruttore. Qualche settimana fa si sarebbero incontrati i suoi avvocati con quelli dell’Arcivescovo per concordare una strategia comune dentro al groviglio giudiziario che si è creato. Lo scopo é di mettere il terzo incomodo fuori dall’affare, trovando un compromesso in un secondo momento. Una storia complessa, con risvolti di diritto civile (e forse anche penale) che dovrà chiarire la magistratura. L’arcivescovo Liberati, in evidente stato di agitazione, ha parlato pubblicamente di “covo di vipere” ed esercitato la sua autorità nel fare pressione nei confronti delle istituzioni dello Stato, a partire dal Ministero dell’Interno. Conclusione: la divergenza "Albergo del Rosario" nata su basi private è diventata oggetto d’ordine pubblico, balzando sul tavolo della commissione d’accesso, anche perché è stata diffusa la notizia, ancora poco chiara, che la camorra italo canadese sarebbe entrata nel business. Fine della storia: è fallita un’iniziativa che rappresentava un volàno per l’economia di Pompei. Ci avevano creduto operatori turistici, professionisti e politici locali perché l’Albergo del Rosario, rimasto chiuso per oltre venti anni, avrebbe dato lavoro almeno a sessanta disoccupati. La cosa più importante è che il prestigioso Hotel con la sua riapertura avrebbe messo a disposizione del turismo internazionale d’alto livello oltre duecento posti letto. MARIO CARDONE