A cura della Redazione
E’ forte la delusione dell’amministrazione di Pompei per l’iniziativa del governo di includere nella finanziaria la vendita all’asta dei beni sequestrati alla camorra, sottraendoli alle iniziative sociali delle comunità locali. A Pompei la palazzina confiscata alla cosca del boss Cesarano è oggi un presidio della legalità. Sarebbe un errore fare un passo indietro. I quattro appartamenti di cui è formata la palazzina di Pontenuovo sono andati alle associazioni “A’ voce de criature” di don Luigi Merola, “Riferimenti-Coordinamento Antimafia”, “Pompei Nuovi Orizzonti” ed “Alilacco Sos Imprese”. Da Pompei è partito un appello che porta la firma del sindaco Claudio D’Alessio e della sua giunta alla Camera dei Deputati per lasciare in essere il capitolo della legge 109/1996 che sancisce la riconsegna alla collettività degli immobili confiscati alle cosche di stampo mafioso. D’Alessio ha chiesto ai primi cittadini delle altre città di fare fronte unico. “Vendere i beni confiscati alle mafie anziché restituirli alla collettività sarebbe un errore - ha commentato Carmela Loster, assessore alla Trasparenza ed alla Legalità -. E´ facile prevedere che la criminalità organizzata avrà campo libero per rientrare in possesso dei beni sottratti al fine di riaffermare il controllo sul territorio - ha proseguito l’assessore -. La norma in approvazione vanificherebbe il lavoro di tutti coloro che sono impegnati nella lotta alle mafie”. Il Comune di Pompei, nella politica di contrasto alla camorra, durante la “Festa della Città” del mese di ottobre, ha assegnato in comodato gratuito due case confiscate alle associazioni “Riferimenti” e “Nuovi Orizzonti”. La prima per il coordinamento antimafia fondato dal giudice Antonino Caponnetto, diretta da Adriana Musella, è il punto di riferimento per l´intera Regione. Queste iniziative sarebbero cancellate con un colpo di spugna. “L’emendamento alla legge approvato dal Senato annulla, di fatto, il suo scopo sociale riguardo alla destinazione dei beni confiscati alla mafia. Il divieto di venderli - continua il sindaco D’Alessio - è un principio che non può e non deve essere messo in discussione. L’utilizzo a fini sociali di tali patrimoni ha un valore insostituibile perché riafferma l’autorità dello Stato, che restituisce alle comunità locali i beni illecitamente sottratti dalle organizzazioni criminali. Inoltre promuove iniziative educative, culturali, di lotta all’emarginazione, di sostegno alla legalità volte a ricostruire parte del tessuto sociale depauperato dalla criminalità”. MARIO CARDONE