A cura della Redazione
Niente da fare per la presidenza del consiglio comunale di Pompei c’è ancora un rimando. La situazione é anomala, ne sono consapevoli tutti. Maggioranza e minoranza si sono scambiate reciproche accuse sulla responsabilità dei rimandi. Il sindaco D’Alessio intervenendo nel dibattito abilmente ha cercato di dividere gli avversari asserendo che nei colloqui preliminari aveva chiesto un nominativo ai due rappresentanti di minoranza. Il nome del candidato a presidente non sarebbe stato fornito. Immediatamente Genovese e Tortora (capogruppo dell’opposizione per Pdl ed Udc) l’hanno smentito: “Nei colloqui non sono stati chiesti nomi. C’è stato solo uno scambio di punti di vista”. E’ probabile che con una maggioranza di quindici consiglieri il capo della coalizione di centrosinistra non ci pensa nemmeno di regalare un incarico prestigioso agli avversari (anche se lui asserisce il contrario). A questo si aggiunge che, a parte i toni, i rapporti non sono sereni perché la maggioranza è continuo bersaglio di frecce velenose scagliate prevalentemente dal binomio Genovese-Sorrentino. Il consiglio comunale di ieri aveva all’ordine del giorno una serie di punti: alcuni di rilievo, altri meno importanti, altri ancora, come i debiti di bilancio, purtroppo di routine. C’era in ballo il discorso programmatico del primo cittadino, (anch’esso come l’elezione del presidente slittato dalla prima seduta), la deliberazione urbanistica relativa alla zona rossa, gli indirizzi per le nomine ma la delibera che ha acceso il fuoco incrociato è stata quella relativa alla rinuncia alle liti pendenti con il Comune di Pompei da parte del consigliere comunale Antonio Palomba. In effetti l’opposizione (più specificamente Genovese e Sorrentino) hanno sfoderato una serie di interventi che, se fondati sull’assunto giuridico farebbero saltare l’intero impianto di consiglio comunale. Secondo loro quattro nomine negli organici amministrativi di Palazzo De Fusco sono illegittime per svariati motivi, tutti avallati da riferimenti dichiarati pubblicamente e considerazioni giuridiche che saranno vagliate da chi di dovere, dentro e fuori il Palazzo (dal momento che il dossier degli impedimenti è stato spedito in Prefettura ed alla magistratura). Duro ed articolato la replica del primo cittadino D’Alessio, che ha difeso la legittimità di diritto e di fatto dei massimi organismi comunali. Pur essendo un bravo avvocato il sindaco di Pompei ha preferito le argomentazioni politiche. “Pompei è una città che vuole gli interventi dell’opposizione basati sui ritardi dell’Amministrazione, non sulle cattiverie – ha testualmente detto D’Alessio – l’opposizione invece di collaborare alla costruzione della città cerca di mandare solo a casa gli alleati”. La difesa del proprio operato da parte dei rappresentanti del Partito della libertà non si è fatto attendere. “Abbiamo inteso collaborare, assicurando alla città la legittimità degli organismi rappresentativi”. MARIO CARDONE