A cura della Redazione
La criminalità a Torre Annunziata ha assunto, soprattutto nell’ultimo decennio, una dimensione allarmante. Ma questo fenomeno negativo e devastante per la nostra città affonda le sue radici ancora più indietro nel tempo, in special modo all’inizio degli anni ’80. In quel periodo, la chiusura degli ultimi pastifici e delle principali fabbriche ha accentuato moltissimo la crisi economica, creando un tasso di disoccupazione altissimo, che l’attuale crisi economica ha accresciuto ancora di più. Se è vero che tanti torresi alla ricerca di un lavoro sono emigrati in altre regioni del nord Italia e, negli ultimi anni, anche all’estero, è altrettanto vero che moltissimi altri sono rimasti senza occupazione nella nostra città. Di essi, una parte ha cercato di inventarsi un lavoro, in mancanza di alternative; altri hanno preferito “arrangiarsi” in vario modo, a volte anche oltre i limiti della legalità (tassisti e parcheggiatori abusivi, venditori al dettaglio non autorizzati, lavoratori in nero, ecc.). Ma, purtroppo, ci sono stati anche tanti giovani che hanno preferito ingrossare le fila della criminalità organizzata e della delinquenza comune. I clan camorristici locali, quindi, hanno lentamente ma inesorabilmente occupato “militarmente” alcune zone della città, dediti ad attività illecite, quali il contrabbando di sigarette, lo spaccio di droga, il traffico di armi, le estorsioni, l’usura, oltre a rapine, scippi e furti. La disoccupazione, però, non è stata l’unica causa che ha determinato l’aumento della criminalità a Torre Annunziata. Altri fattori, come il degrado urbanistico ed ambientale, l’alto tasso di dispersione scolastica, la mancanza di centri culturali e ricreativi, e di strutture sportive in alcuni quartieri fatiscenti ed abbandonati a se stessi, hanno contribuito al diffondersi del fenomeno malavitoso. Non è un caso che esso si è manifestato con grande evidenza ed estensione in quartieri quali la Provolera, il Murattiano, il Penniniello, il rione Carceri e i Vicoli della Marina. In quelle realtà territoriali dove l’emergenza sociale ed economica è più evidente ed allarmante. Inoltre la criminalità ha lambito e coinvolto in passato anche settori deviati dell’imprenditoria, della burocrazia, della politica, creando un profondo intreccio tra malavita e i cosiddetti colletti bianchi, che ha portato nel 1993 allo scioglimento del Consiglio comunale per condizionamenti camorristici. Da oltre quindici anni, però, pur tra alti e bassi, tra luci ed ombre, è iniziato un processo di riscatto della nostra città che prosegue ancora oggi, anche se bisogna mantenere alta la guardia sul piano della legalità e della trasparenza. La magistratura e le forze dell’ordine, carabinieri, polizia e guardia di finanza, hanno inferto colpi durissimi alla criminalità. Sono stati arrestati e condannati centinaia di capi e gregari dei clan camorristici, il traffico di droga ha subìto un consistente rallentamento e lo spaccio non avviene più come prima alla luce del sole. Certo, ciò non significa che la criminalità è stata sconfitta. Ancora lunga è la strada da fare per arrivare a questo obiettivo, ma segnali importanti di presenza dello Stato e di ritorno della legalità sono stati avvertiti concretamente dalla cittadinanza. Sul piano della repressione, quindi, i risultati ci sono e si vedono. Ma quelli che mancano, o sono carenti, sono interventi sul piano del recupero e della prevenzione del fenomeno criminalità. Oggi , lo diciamo un po’ tutti, il settore delle Politiche sociali è quello che maggiormente funziona nella nostra città, grazie anche alle cospicue risorse di cui esso dispone per l’erogazione dei servizi essenziali. Credo, però, che poco o nulla sia stato fatto, anche a livello sovracomunale, in termini di prevenzione contro la criminalità. Non ci riferiamo ai minori a rischio, per i quali è encomiabile l’attività oratoriale svolta delle parrocchie della città e dai Salesiani attraverso vari progetti; bensì agli adolescenti appartenenti a quei nuclei familiari in cui uno dei genitori, o entrambi, sono rinchiusi in carcere per reati di camorra. E’ a questi che dovrebbe andare l’attenzione dello Stato, in primis, e poi delle istituzioni locali, se si vuole recidere alla radice il fenomeno delinquenziale. La Regione Campania, qualche anno fa, ha attivato i progetti “work experience”, che consistono nel favorire l’inserimento di giovani diplomati e laureati, oppure di disabili, nel mondo del lavoro attraverso corsi annuali di apprendimento (con rimborso spese di 400 euro mensili) presso le aziende campane. Ebbene, non si capisce perché gli stessi progetti non possano essere attivati anche per quei giovani, privi di diploma, appartenenti a famiglie in odore di camorra. Perché non dare anche a loro la possibilità di imparare un mestiere e di recidere il cordone ombelicale che li tiene legati alle loro famiglie? Questa proposta l’ho presentata alla Commissione regionale Anticamorra nella riunione che gli amministratori e i capigruppo consiliari hanno avuto presso il Comune oplontino, con la speranza che venga discussa e poi realizzata. Un altro aspetto non meno importante della prevenzione è quello dell’assistenza alle persone che hanno scontato la loro pena in carcere. Per evitare che essi ritornino a delinquere, occorrerebbe che le istituzioni, in primis il Governo, la Regione e il Comune, attuassero una strategia di recupero di quanti, soprattutto se giovani, usciti dal carcere, non hanno alternative di lavoro e di reinserimento sociale. Bisognerebbe assisterli, insieme alle loro famiglie, in questo nuovo percorso verso una vita onesta, con interventi di varia natura, non solo materiali. Bisognerebbe fare terra bruciata intorno al mondo della criminalità, restringendone continuamente gli spazi e le ragioni della sua esistenza. Così come è estremamente importante la prevenzione con una lotta ancor più serrata alla dispersione scolastica e con la realizzazione di strutture ricreative, sportive e culturali nei quartieri a rischio, con un ritorno alla vivibilità in tali realtà degradate e disgregate, migliorandone la vivibilità, l’igiene, l’arredo urbano, i servizi essenziali. In questa direzione sono apprezzabili gli sforzi dell’Amministrazione comunale con l’inaugurazione di un centro sociale nel Penniniello e la presentazione di un progetto per la riqualificazione dell’ex scuola Monsignor Orlando, con risorse per circa 2 milioni e mezzo di euro attraverso i Pon nazionali. Se riusciremo negli intenti sopramenzionati, solo così potremo dire di aver fatto il nostro dovere di amministratori; solo così riusciremo ad estirpare la mala pianta della delinquenza. Solo così il tentativo di assicurare un futuro diverso e migliore a tanti giovani emarginati potrà avere successo; solo così potremo sottrarli all’influenza negativa della criminalità che li coinvolge in una spirale di violenza. Solo così, infine, la nostra città potrà risorgere definitivamente e ritornare ad essere un luogo dove i nostri figli ameranno nascere, crescere e vivere in prosperità. ANTONIO GAGLIARDI *consigliere comunale (dal settimanale TorreSette del 10 maggio 2013)