A cura della Redazione
Quasi sempre, con i miei scritti, ho cercato di elogiare e portare all’evidenza del lettore gli aspetti storici e artistici della nostra città con la speranza di infondere, oltre la conoscenza, un più forte senso di appartenenza e di rispetto per il nostro patrimonio culturale e paesaggistico. Poche altre volte mi è capitato di dover scrivere, mio malgrado, negativamente su altri luoghi o aspetti che la contraddistinguono. Questa volta, e non me ne vogliate, sembra proprio il caso di sottolineare la disdicevole situazione in cui versa, ormai dimenticato da tutti e da tutto, quel tratto di spiaggia meglio conosciuto dai torresi come la Salera. Mi è capitato in questi giorni di osservarla dal molo di levante e non ho potuto che esprimere la seguente allocuzione: “Salera, da locus amenious a locus horribilis factum est!”. Ebbene, è proprio così. Penso, e ne sono estremamente convinto, che qualsiasi altra località d’Italia avrebbe fatto di un luogo del genere un perno fondamentale per costruire un valido e solido motore per l’economia locale, con l’ausilio di tutto quanto possa girare intorno alla risorsa mare da noi quasi ignorata. Ma il triste destino della Salera, le vicende storiche legate alle poco cognitive azioni umane, è segnato da tempi molto remoti. Era tutto scritto già un secolo fa, quando si decise di tramutare quell’area in zona intensamente industrializzata. All’epoca, qualcuno del governo locale aveva il diritto di affrontare una problematica di degrado ambientale che ha riportato i suoi strascichi incontrollati fino ai nostri giorni. La Salera deve il suo attuale stato di abbandono estremo e pericoloso degrado alle azioni dei nostri padri che, in alcuni casi in modo consenziente e clientelare, hanno permesso lo sfruttamento incontrollato di un’area che poteva godere di ben altra destinazione d’uso o, quantomeno essere preservata pretendendo i giusti mezzi per fronteggiare il decennale inquinamento che ha contribuito alla distruzione dell’arenile. Ad oggi, forse in pochi si sono resi conto che si vive a contatto con una bomba ecologica senza eguali. Ogni volta che arriva l’estate ci preoccupiamo della qualità delle acque in cui ci apprestiamo ad immergerci per fronteggiare la calura del periodo. Ma ci siamo mai posti il problema di cosa calpestiamo con i nostri piedi per un anno intero? O, forse, il degrado che caratterizza la Salera, essendo un’area molto periferica, come Rovigliano per altro, non è da considerare una questione di interesse centrale? Ultimamente mi è capitato di osservare attentamente gli interventi di alcuni attivisti oplontini che cercano in qualche modo di riportare alla ribalta tale problematica, organizzando dei sopralluoghi sulla spiaggia della Salera e diffondendo immagini piuttosto deprimenti su uno dei social network più conosciuti al mondo, allo scopo di attirare l’attenzione di qualche amministratore locale che possa almeno tirare in ballo la questione. Francamente penso che nessuna realtà urbana può permettersi di non considerare un problema del genere come una situazione emergenziale da affrontare subito. Ritengo che la situazione in cui versa la Salera, anche per mano degli stessi oplontini e non solo degli amministratori, sia una sconfitta palese, simbolo di rassegnazione dell’intera comunità. Essere spettatori della morte di un territorio, per quanto mi riguarda, è un atto vile ancor di più dell’esserne attori. VINCENZO MARASCO Foto Paola Manfredi