A cura della Redazione
Il futuro dello Spolettificio di Torre Annunziata. Se ne è discusso questo pomeriggio nella sede del Partito Democratico oplontino, alla presenza del consigliere regionale Pd Antonio Marciano, della senatrice Pd Teresa Armato, e di Paolo Persico. A fare gli onori di casa, Lello Ricciardi, consigliere comunale. All´incontro hanno partecipato i rappresentanti sindacali Cgil, Cisl e Uil e delle RSU dello storico opificio torrese. Lo stabilimento di piazza Paolo Morrone, che dà lavoro a 180 persone, rischia la chiusura. Un dramma che comprometterebbe l´esistenza di 180 famiglie in una realtà che già di per sè si presenta critica in termini di sviluppo economico. Quella dello Spolettificio sembra essere una lenta agonia. Da uno dei principali insediamenti produttivi della città, che ha dato lavoro negli anni ad oltre 600 persone, si sta pian piano trasformando in un sito industriale da "rottamare". Il processo involutivo ha avuto inizio con il cambiamento della missione industriale: non più produzione di spolette e bombe a mano, bensì revisione e rewamping degli autoveicoli e motoveicoli inutilizzati del Ministero della Difesa. In pratica, all´interno della struttura vengono smontate e riassemblate le auto militari, con l´obiettivo di rivenderle come mezzi civili. I sindacati parlano di un piano industriale che, in sostanza, ha fallito. Sui dipendenti e sul futuro dell´opificio incombono le spade di Damocle della spending review decisa dal Governo centrale e del pareggio di bilancio da realizzare entro il 2014. Un obiettivo, quest´ultimo, lungi dall´essere raggiunto. «Dalla relazione relativa al piano operativo triennale 2012-2014 - si legge in un documento sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e dalle RSU - consegnata da parte della Direzione dell´Ente, si evince una passività nei bilanci consuntivi pari a circa 7 milioni di euro per l´anno 2011 e circa 5 milioni di euro per l´anno 2014. Il piano industriale di riconversione - sottolienano i sindacati - comincia a mostrare crepe in ogni parte». Stante così la situazione, il futuro dei 180 lavoratori è tutt´altro che roseo. Per loro potrebbero aprirsi le porte della mobilità e della cassa integrazione. «Urge ridefinire un nuovo piano industriale per lo sviluppo dell´Ente - sottolinenano ancora i sindacati - e/o nuove attività tese a garantire certezza lavorativa ai dipendenti, prevedendo processi di ridefinizione degli organici e immissione del personale qualora necessario nei ruoli del Ministero della Difesa, anche in sopranumero, al fine di mantenere i livelli occupazionali e tutelare la dignità del lavoro e dei lavoratori pubblici». DOMENICO GAGLIARDI