A cura della Redazione
Le luci della notte si sono spente e il vento di mare ha liberato il cielo dei fumi e dell’odore acre dei fuochi che hanno fatto impazzire i capifamiglia in una gara a chi spara di più e chi fa più rumore. Esci di casa e scopri i risultati di tanta euforia: le strade sono completamente imbrattate di residui della “festa”: carte colorate dei botti sparati, candelotti infiammati, strisce di nero bruciato, disegni di fuochi serpeggianti sull’asfalto, vetri rotti, bottiglie, piatti infranti che d’abitudine qualcuno lancia ancora dai balconi come per esorcizzare l’uscita dell’anno che se ne va e di quello che sopraggiunge nuovo, pieno di speranze e di progetti. Nessuno provvede né provvederà ancora a ripulire e ridare ordine civile alla città travolta dai festeggiamenti. Eh sì, perché questo è lo stato delle cose! La gente poi, incurante, si è liberata in casa propria degli ingombri e dei residui, riversando nei contenitori appositi finché hanno potuto e poi sui marciapiedi, impietosamente relegando intorno al contenitore, buste piene di ogni cosa che nessuno ha ancora raccolto, né si sa quando sarà fatto: e lo spettacolo è indicibile. Nessuno ha pensato di trattenere le sacchette di raccolta rifiuti in casa, magari sui terrazzi, in attesa di rivedere in attività gli addetti al ritiro. Così ci risiamo! La città riprende il suo aspetto solito. Abbiamo aspettato la mezzanotte con lo spirito rivolto a promesse ed aspettative, ma non abbiamo cambiato niente dell’atteggiamento fin qui tenuto verso la cosa pubblica. La strada è come casa nostra. Quanto ammiriamo al nord, nei piccoli borghi, come nelle città di media dimensione, le finestre infiorate, i cortili puliti, le vie che “ci puoi mangiare dentro” come amiamo esprimerci quando le vediamo. Quella gente è gente che ama la propria città, che ha anche amor proprio e cerca di mostrare il meglio al visitatore occasionale. I servizi funzionano anche perché funzionano i cittadini. Questo è l’anno del cambiamento, almeno diciamo che aneliamo al cambiamento. Ne abbiamo fatte di discussioni, critiche, polemiche, chiacchiere! Finora niente di nuovo sotto il sole di Torre. La politica soggiace ai turpiloqui, sopporta le critiche, non risponde agli insulti. Pare che tutto sia paralizzato (come non lo fosse stato abbastanza negli ultimi anni!) in attesa delle elezioni. Cosa cambierà? Cosa potrebbe cambiare? A pochi mesi dalle votazioni ancora non abbiamo nomi, indicazioni, possibilità di scelte. La cosiddetta sinistra si è espressa dando un nome al suo candidato. La “mezz’ala sinistra” ha fatto altrettanto, come l’ala destra, ancora niente dall’area di destra. Aspetteremo con il fiato sospeso che il vate ci indichi il candidato? Ma intanto ci si chiede: perché non abbiamo nomi nuovi dopo tutto l’avvicendamento politico e la ressa amministrativa di questi ultimi tempi? Come mai a sinistra (si fa per dire) il partito di maggioranza non è riuscito a proporre, come sembrava dalle prime ore, le primarie tanto elogiate e sventolate? Cosa succede in casa fra i caporioni che non si espongono e investono un uomo di tutt’altra estrazione? Una sinistra saggezza (o meglio una saggezza di sinistra) in questo stato esigerebbe una primaria subito per garantire una vera maggioranza al futuro governo della città: due nomi delle due ali? Bene: primarie fra i due per arrivare ad una saggia decisione di candidatura. Le mezze vittorie implicherebbero di sicuro compromessi e cambi in corso d’opera che sono spettacoli improponibili dopo il “deja vu” degli ultimi tempi. Dunque, Sica e Gagliardi, entrambi validi e di comprovata esperienza, anche se non nuovi, in accordo o l’un contro l’altro, potrebbero competere per l’investitura popolare alla candidatura. Non potrebbe esserci formula migliore per dimostrare l’autentica propensione di ognuno di lavorare per la città che aspetta e sottace i malumori che ancora la percuotono incredibilmente. BERNARDO MERCOLINO