A cura della Redazione
Ringrazio quanti, docenti e alunni, per morale sentire e non per obbligo di servizio, hanno consentito, con la loro partecipazione, la piena riuscita della manifestazione di sabato scorso. E’ in giornate come queste, di fronte allo spettacolo di gioiosa eppure ordinata vitalità, di creativa e commovente improvvisazione offerto dagli studenti, che si fa strada l’intuizione che quella scelta circa questo nostro mestiere, quello dell’insegnante, che forse non tutti abbiamo fatto come massima aspirazione, non l’abbiamo proprio sbagliata. E allora ci viene da dire “al diavolo”, o meglio “in c…” come dice il Novecento del monologo di Baricco, poi divenuto, con Tornatore, il pianista sull’oceano, in c… , dicevo, allo stipendio mortificante, ai genitori talvolta saccenti e importuni, alla considerazione sociale sempre più scarsa, ai ministri incompetenti, ai presidi fastidiosi. In c… allo stress da insegnamento che è poi un’invenzione di quelli che questo lavoro lo fanno senza amore, questo mestiere che è davvero il più appassionante, il più entusiasmante, il più antico, il più vero. Perché quella di sabato è la vera scuola. Quella dei valori che non hanno età, né ruoli, quella dei valori, dove l’alunno a dodici, a quattordici o a venti anni può essere maestro dell’adulto che ha preferito scappare a casa per un’ora in più di televisione, per preparare l’arrosto; maestro di quanti pensano che la scuola sia fatta solo di leggi e circolari e intanto se ne sta a casa, che, si sa, la strada può essere pericolosa. Questa è la scuola che ci piace e ci fa sentire orgogliosi di farne parte. Ma non voglio celebrarvi troppo, ragazzi, perché a voi adesso mi rivolgo. Lo so, sabato eravamo tutti insieme. Ma so pure che una parte di voi diventerà peggio di quel che siamo diventati noi. Diventerà quella parte di italiani opportunisti, collusi, cinici, arrivisti, corrotti, raccomandati, disposti ad ogni forma di compromesso che con quelle cartoline invitavamo ad astenersi dall’essere italiani. Lo so. E’ così, è una dolorosa conquista degli anni. Lo so. Ma, vi assicuro, sabato mattina, nessuno di noi docenti voleva saperlo. E volevamo goderci l’incanto di una giornata in cui eravate voi ad insegnare qualcosa a noi. A ricordarci che su quei percorsi, di speranza, di legalità, di libertà dobbiamo camminare insieme. Perché insieme a noi camminano, come ci ricordava uno striscione, Falcone, Borsellino, Giancarlo Siani, Rita Atria, Roberto Saviano, ma anche i nostri Rosa Visone, Luigi Staiano, Luigi Cafiero, Francesco Fabbrizzi, Costantino Laudicino, Andrea Marchese, Matilde Sorrentino, Raffaele Pastore, Giuseppe Veropalumbo. Per questo dico di nuovo, con Novecento, in c… a quelli che pensano che giornate come quella di sabato non servano a niente, che tanto non cambierà mai niente, che siamo degli illusi, degli idealisti o, peggio, che chissà quali interessi nascosti abbiamo a scendere in piazza. La verità è che lo dicono solo per paura, perché la gente che cammina e pensa, come noi, fa paura. Un’ultima considerazione per quanti, docenti, alunni, genitori, hanno fatto una scelta diversa dalla nostra. Comprendo quelli che, forse per omogeneità culturale, ritenevano di manifestare contro i propri interessi (valori non riesco proprio a definirli!), anche se, naturalmente, la comprensione non è disgiunta da un insieme di commiserazione e di orgogliosa distanza nei confronti dell’altrui condizione. Un senso di pietoso disprezzo è invece a prevalere per quanti per ignavia, pavidità o, peggio ancora, per indifferenza, senza una ragione precisa che valesse almeno una confessione alla propria coscienza, hanno deciso di non esserci. La loro assenza ha dato un senso ancora più profondo alla nostra presenza, confortandoci nella consapevolezza che “eroe” vero è semplicemente quello che fa ciò che può e che la libertà è solo il coraggio che decide di farlo. Prof. Felicio Izzo Dirigente Scolastico LARS "Giorgio de Chirico" Torre Annunziata