A cura della Redazione
«Alle forze dell’ordine sottolineo sempre che, se vogliono ottenere riconoscimenti ed onoreficenze, devono arrestare i delinquenti. Se, invece, vogliono passare un guaio, devono indagare sulla pubblica amministrazione». Diretto, realistico, fondato e pragmatico, Diego Marmo affonda i colpi in maniera dura, come è suo costume, durante la commemorazione di Raffaele Pastore a Palazzo Criscuolo. Il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata ha il potere di ammutolire la sala di rappresentanza della Casa Comunale inducendo a serie riflessioni. «Le cose in questa città, così come nel napoletano, stanno cambiando ma in peggio. Mi verrebbe quasi da dire che il sacrificio di coloro che sono morti per mano della camorra - sbotta Marmo - come Raffaele Pastore e tanti altri, sono stati inutili. Oggi si gioisce per l’arresto del boss Antonio Iovine, ma in realtà lui è già stato sostituito al vertice del clan dei Casalesi. Nonostante l’impegno di Magistratura e Forze dell’Ordine, la criminalità continua e continuerà ad imperversare nei nostri territori fino a quando cercherà di fare affari con le persone cosiddette perbene. Non è possibile vivere in un Paese come l’Italia in cui vengono elette in Parlamento persone condannate. Bisogna recidere il ramo che lega settori della politica alle organizzazioni criminali. Sono stanco di andare nelle scuole a parlare di legalità - conclude - se questa non viene poi messa in pratica nelle nostre azioni quotidiane. Vanno bene le commemorazioni, ma ciò non basta. Dobbiamo ribellarci a questo modo di fare». Raffaele Pastore, 14 anni dopo. A ricordare l’imprenditore ucciso il 23 novembre 1996 da due sicari della camorra, oltre a Diego Marmo, sono intervenuti la moglie, Beatrice Federico, il sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, il giornalista Giovanni Taranto, il Prefetto Franco Malvano, attuale Commissario regionale antiracket e usura, Annamaria Torre, figlia dell’ex sindaco di Pagani, Marcello, ucciso trent’anni fa dalla camorra per aver combattuto contro il malaffare, il primo cittadino di Pompei, Claudio D’Alessio, ed i rappresentanti di carabinieri, polizia e guardia di finanza. Nel giorno dell’anniversario di quel brutale assassinio, a Palazzo Criscuolo, la moglie di Raffaele Pastore ha ricordato suo marito come un uomo giusto. «Raffaele non era un eroe. Ha semplicemente fatto ciò che avrebbe dovuto fare ogni buon cittadino. Si era ribellato alla sopraffazione e alle ingiustizie. All’indomani del suo omicidio Torre Annunziata si era indignata - spiega con molta serenità - ma ben presto io e la mia famiglia siamo rimasti soli. A parte la solidarietà nei primi giorni, dopo c’è stato solo vuoto ed indifferenza. A distanza di tanto tempo, mi rendo conto che oggi come allora ciò che manca in questa città è la cultura della legalità. I giovani non sono ancora pronti a recepirla, anche se vogliono capire come ci si comporta per viverla a pieno. Io stessa dissi a mio marito di ritirare la denuncia contro i suoi estorsori. Ma sapevo che lui non lo avrebbe mai fatto. “Se fuggiamo, mi disse, sarebbe stato come tradire la mia coscienza”. Questo era Raffaele - conclude - un uomo capace di gesti tanto semplici e naturali quanto eccezionali. Oggi sono qui per portare avanti e diffondere l’esempio di chi, come mio marito, ha pagato con la vita il suo essere onesto, dignitoso e coraggioso». «Questa giornata è la testimonianza della forza della memoria - afferma, invece, il sindaco Starita -. Ricordare Raffaele, i suoi valori, la sua lealtà ed onestà sia da monito a tutti quanti noi. Occorre recuperare la nostra dignità di cittadini. Basta con l’alibi della camorra. Interroghiamoci quotidianamente su ciò che, invece, potremmo fare e non facciamo per migliorare le condizioni di vita nella nostra città. Non diamo sempre la colpa alla politica. Aiutiamo le forze dell’ordine, che già stanno facendo un lavoro egregio, a ripristinare la legalità. La vera sfida è quella di essere buoni cittadini. Cominciamo dalle piccole cose». Significativo anche l’intervento del Prefetto Franco Malvano: «La camorra si combatte togliendo i soldi ai clan. In questo, la politica può fare molto soprattutto attraverso la confisca dei beni. E’ necessario, inoltre, creare una rete che coinvolga istituzioni, sindaci ed associazioni di volontariato per debellare la piaga dell’usura». A margine dell’incontro, Amleto Frosi ha parlato dell’istituzione del “Premio Raffaele Pastore”: «Vogliamo coinvolgere anche Confindustria nel progetto. La nostra intenzione è quella di premiare quelle aziende che operano nella legalità e si distinguono per questo». L’immagine del Premio è un disegno del volto di Raffaele Pastore al cui fianco vi è una spiga di grano. «Simboleggia la laboriosità - dice Frosi - e la città di Torre Annunziata, con la sua antica tradizione pastaia. Lo stesso Pastore era un commerciante di manigimi per animali, quindi prodotti farinacei derivanti proprio dal grano». Un’ultima considerazione. L’indifferenza di cui ha parlato Beatrice Federico è ancora tangibile, purtroppo, in questa città. Testimonianza ne è l’assenza, alla giornata del ricordo, dei giovani. La sala in cui si è svolto l’incontro era occupata solo da giornalisti, rappresentanti delle istituzioni e uno sparuto gruppo di cittadini. Rassegnazione sovrapposta ad assuefazione. Così difficili da debellare? DOMENICO GAGLIARDI (Dal settimanale TorreSette del 26 novembre 2010) © Riproduzione riservata