A cura della Redazione
La Nostra Signora delle lettere non c´è più. E´ con profondo dolore che TorreSette annuncia la morte di Maria Orsini Natale, la grande scrittrice torrese che è riuscita a far conoscere la vera essenza della nostra città, quella creativa e laboriosa, oltre i confini nazionali. Il caso, tragico e beffardo, ha voluto che la "nostra" Maria se ne andasse nello stesso giorno della dipartita di un altro grande torrese, Dino De Laurentiis. Il direttore responsabile Giuseppe Chervino, l´editorialista Massimo Corcione, il fondatore Antonio Gagliardi, profondamente addolorati, unitamente alle redazioni di TorreSette e torresette.it, esprimono le più sentite condoglianze alla famiglia e in particolare alla figlia Carolina e al fratello, nonchè collega giornalista, Federico Orsini. I funerali verrano celebrati domani 12 novembre alle ore 15.30 nella Basilica di Maria SS. della Neve. Ricordiamo Maria Orsini Natale con un´intervista apparsa il 3 dicembre 2004 su TorreSette. Ho conosciuto Maria Orsini nell’ottobre del 1978. A Radio Antenna Vesuvio stava nascendo Rotosabato, rotocalco settimanale d’informazione radiofonica del comprensorio vesuviano che diventò, poi, anche una rivista mensile. Il direttore responsabile era Mario Guaraldi e, oltre alla Orsini, “collaboravano” per la realizzazione del programma Leonardo Sfera e Mario Lettieri ovvero il gotha della cultura torrese. Il sottoscritto muoveva i primi, timidi passi nel mondo dell’informazione come cronista sportivo e in qualità di responsabile dell’editing delle trasmissioni. Ero un fortunato. Ne ebbi subito la consapevolezza quando, nel preparare la struttura della prima puntata di Rotosabato, mi passò tra le mani la minuta della terza pagina (quella canonica destinata agli spunti culturali) che portava la firma di Maria Orsini. Si trattava di un "cunto", uno di quelli che molti anni dopo avrebbero ispirato Francesca e Nunziata. Il successo del romanzo non è stato una sorpresa per me. Avevo sempre pensato che la sapienza, la felicità espressiva e la magia affabulatoria di Maria, prima o poi avrebbero varcato i confini provinciali per meritare gli importanti riconoscimenti che, poi, puntualmente sono arrivati. La notorietà, però, non ha scalfito per niente il suo carattere riservato. Detesta passerelle, convention e tavole rotonde sull’ “effimero” mentre è disponibilissima a collaborare per cause umanitarie e iniziative in nome della diffusione della Cultura Mediterranea. Sì, proprio quella con le iniziali maiuscole. Dopo tanti scritti singoli e collaborazioni giornalistiche arriva Francesca e Nunziata, il romanzo della maturità che segna la vera svolta nella sua attività di scrittrice. Come è nato e da cosa è stato ispirato? “Da sempre mi affascinava l’idea di dedicare un romanzo alla mia città. Da quando ho cominciato a scrivere e a collaborare per varie testate giornalistiche. I miei impegni di moglie e madre ne hanno, per così dire, rimandato la pubblicazione. L’ho voluto fortemente. Pensate che qualche addetto ai lavori, prima che venisse dato alle stampe, mi aveva suggerito di cambiare l’ambientazione con luoghi più “rassicuranti” e di richiamo turistico come Sorrento, Vico o Gragnano. Mai avrei sottoscritto un compromesso del genere”. Lo sfondo così magistralmente descritto di Francesca e Nunziata, quel secolo di storia del mezzogiorno d’Italia, oltre ai riconoscimenti e alla notorietà, le ha appiccicato addosso un’etichetta: quella di essere borbonica. Qual è la sua replica? “La storia ha voluto che i discendenti di Carlo di Borbone, il sovrano che per universale consenso portò il Regno di Napoli al suo massimo fulgore, regnassero nel periodo in cui la vicenda che ho narrato muove i suoi primi passi. L’unità d’Italia, sulla cui necessità nessuno ha mai dubitato, relegò i Borboni nell’area dei “dannati” considerandoli gli unici perdenti. L’aggettivo borbonico fu trasformato in sinonimo di barbarico e dispotico. E’ contro queste palesi mistificazioni che noi meridionali dobbiamo levare la nostra voce, poiché gli epiteti elencati sono stati estesi nel tempo a tutti noi. Dobbiamo far capire una buona volta che il Regno di Napoli non era popolato di barbari e retto da tiranni, ma era una nazione depositaria di antichissima civiltà, una nazione che ha pagato con la sua consistenza monetaria, 440 milioni di lire-oro, le guerre d’indipendenza che hanno fatto liberi gli altri fratelli. Ma quelli del nord-est non lo sanno. La loro devolution è un’altra partita perduta per il sud”. Già, l’unità d’Italia la stessa che oggi viene rimessa in discussione… “Nel distruggere una dinastia, è stato anche stravolto il divenire di una gente. Noi eravamo territorio di artigianato, turismo e agricoltura. Io non sono un’economista ma qualche passaggio storico sbagliato c’è stato. E’ li che comincia la questione meridionale. Bossi tante cose non le sa!”. Sul quotidiano “Il Mattino” dello scorso 16 novembre, in una sua intervista, le viene attribuita questa affermazione: “Tutte le potenzialità di sviluppo del nostro territorio sono state distrutte dall’inefficienza della classe politica che ci ha governato negli ultimi venti anni…”. “L’intervista è stata telefonica e breve. La frase è troppo costruita per essere stata espressa da me in un tempo così ridotto di conversazione. Ma il mio sentimento, in quel momento, dopo l’ennesima mortificazione per Torre (duplice omicidio sul territorio cittadino n.d.r.), era di rancore: contro tutti e contro tutto ciò che poteva essere e non è stato nel tempo, forse, di cinquanta anni e non di venti. Vivevo e vivo l’amarezza di tanti cittadini, tanti giovani che si vergognano di dire che sono nati a Torre Annunziata. I ponti del dialogo e della conoscenza non debbono essere minacciati, non si possono chiudere occasioni di lavoro. Privare un uomo dell’orgoglio di appartenere a una gente e a una terra, significa togliergli l’amore. Ogni volta che viene additata nel male Torre, siamo tutti noi colpiti. La ferita che si riapre è nostra. Tutti prendiamo un cazzotto nello stomaco, “tutti”. Noi siamo qui...e questa è la patria”. Quali sono i suoi rapporti con chi amministra la cosa pubblica? “Ho rapporti antichi con il sindaco Franco Cucolo che, a nome della città, mi ha offerto una medaglia, ho buoni contatti con i parlamentari del nostro collegio che hanno apprezzato anche pubblicamente il mio lavoro, nutro affetto per l’assessore Pierpaolo Telese che ha ben vestito i panni del suo ruolo anche nei miei riguardi”. Per concludere, l’ultima domanda alla “borbonica” Maria Orsini. Quale sarà il tempo a venire? “Non ho la palla di cristallo ma la speranza è stroncare la iattura, la maledizione che soffoca il futuro di questa città. Perchè non voglio rassegnarmi. Non lo voglio. E spero nelle forze nuove; ma gli anni incalzano e bisogna far presto perché io possa vederlo questo sognato “arcobaleno”. GIUSEPPE CHERVINO © Riproduzione riservata