A cura della Redazione
Parla il primogenito di Matilde Sorrentino, la donna che denunciò i pedofili di Torre Annunziata. "Ho letto la notizia in internet e ho pensato a quello che è successo alla mia famiglia. Dal giorno del delitto viviamo sotto protezione. A volte penso che è peggio di essere carcerati" . La voce arriva da un posto lontano. Il ragazzino oggi è cresciuto, è diventato padre. Al telefono c´è un uomo costretto a lasciare la sua terra dopo l´omicidio della madre, Matilde Sorrentino, la donna di Torre Annunziata che tredici anni fa denunciò i pedofili del rione dei Poverelli e pagò quel gesto civile con la vita. Mamma coraggio come Teresa Buonocore (nella foto), uccisa con quattro colpi di pistola lunedì 20 settembre. Matilde fu assassinata il 16 marzo del 2004. Il killer è stato arrestato e condannato all´ergastolo. I mandanti, invece, non sono mai stati individuati. Da allora i figli vivono sotto protezione. Il più piccolo, che subì le violenze contro le quali la madre chiese giustizia. E il più grande, che accetta di parlare dalla località segreta e rivolge il primo pensiero alle figlie di Teresa: "So cosa significa una disgrazia come quella che è capitata a voi. Mia madre è stata uccisa, poi ho perso anche mio padre. Per questo, ragazze, vi dico di non scoraggiarvi. Non lasciatevi prendere dallo sconforto. Il dolore è grande, ma bisogna soffrire nel cuore. Andate avanti anche se è difficile". Le immagini di Teresa e Matilde si sovrappongono. Storie analoghe con il medesimo, tragico, epilogo. "Mia madre mi ha sempre protetto, non mi ha mai fatto aver paura. Ecco perché mai avrei immaginato che potesse capitarle qualcosa di brutto. Quel giorno l´avevo vista alle sei e mezza del pomeriggio. È morta poco dopo, ma l´ho saputo solo dopo un´ora. È stato terribile. Negli occhi ho ancora la confusione, polizia e carabinieri dappertutto. E all´improvviso sono dovuto andare via. Ho lasciato gli amici, la casa. Ho perso il mio lavoro e pazienza se era al nero. Niente più partite di pallone in cortile, con mamma che mi chiamava dal balcone. Tutto il mio mondo non esisteva più. Adesso tante cose non posso più farle. Ma per fortuna ho una famiglia, due figlie. Siamo felici, diciamo. Anche se a volte penso che vivere così, sotto protezione, è peggio che essere carcerati". Sei anni dopo il delitto di Matilde non si parla quasi più. "All´inizio tutti promettevano fuoco e fiamme, poi il tempo è passato e tanti hanno dimenticato. Noi abbiamo i nostri ricordi e li portiamo nel cuore. Ogni anno viene celebrata una messa, ma non possiamo partecipare per motivi di sicurezza. I Salesiani hanno aperto una casa di cura per bambini intitolata a Matilde Sorrentino, madre coraggio. È giusto chiamarla così. Ha denunciato tante persone. Era sola e nessuno ha bussato alla nostra porta per chiederle se aveva bisogno di protezione. Ci portarono in vacanza per una settimana. Ma quando siamo tornati a casa, eravamo soli ancora una volta. E quel che doveva succedere, è successo". DARIO DEL PORTO (da repubblicanapoli.it)