A cura della Redazione
Neanche fosse una fabbrica decotta, un’attività commerciale improduttiva, Torre Annunziata è da lunghi anni in fase di radicale smobilitazione, di dismissione, come si usa dire con impietoso ma illuminante termine tecnico. L’elenco di quanto ci è stato portato via, meglio ancora, di quanto abbiamo lasciato ci portassero via, è noto a tutti ed è inutile sgranare in una oramai sterile lamentazione, il doloroso rosario di delocalizzazioni, sottrazioni, fallimenti, che hanno progressivamente impoverito e marginalizzato territorio e cittadini. Momento dopo momento, storia dopo storia, di intere parti di città non sono rimaste che pietre, macerie ridotte a simulacri vuoti di un’umanità e di un’identità di cui avremmo dovuto gelosamente custodire il dono e la grazia. Ma quello che più dispiace e preoccupa è che tutto è avvenuto e purtroppo avviene, nella più colpevole, immorale, pavida indifferenza generale e che nessuna lezione la città abbia saputo trarre dall’esperienza del passato, limitandosi a digerire e dimenticare gli antichi smacchi. Siamo i primi responsabili delle nostre sconfitte, inutile nasconderlo. Come non reputare infatti sconcertante e dolorosa l’indifferenza con la quale molti, troppi, stanno assistendo all’ennesimo, incredibile esproprio che si sta materializzando in questi giorni? Accade infatti che a Torre Annunziata non solo abbassino la serranda fabbriche, caserme, uffici e negozi, ma che anche una chiesa ed il convento ad essa annesso siano, come scrive Massimo Corcione, “in procinto di chiudere come una merceria”. Un fatto di una gravità incredibile rispetto al quale proprio da queste pagine è partito la scorsa settimana un invito alla mobilitazione cui, bisogna dirlo, hanno risposto in pochi. Occorre considerare che la eventuale chiusura della Parrocchia di Santa Teresa infliggerebbe una ulteriore ed ingiusta ferita alla città proprio in un momento in cui, grazie soprattutto all’impegno delle forze dell’ordine, si intravedono segnali di speranza. Le parrocchie sono comunità educanti che svolgono un ruolo di fondamentale importanza in tessuti urbani come il nostro, e quella di Santa Teresa è stata punto di riferimento per molte generazioni di adolescenti e giovani e per una vasta comunità di fedeli. Chiuderla così come si chiude un esercizio commerciale, rispondendo a logiche di gestione, sarebbe inimmaginabile, una vera e propria bancarotta delle coscienze che a questa città andrebbe risparmiata. BIAGIO SOFFITTO (Dal settimanale TorreSette del 24 settembre 2010)