A cura della Redazione
Nasce il “Museo a cielo aperto dell’Arte Bianca”. L’iniziativa, frutto dell’idea-progetto dell’Arci Oplonti, che risale al 2000, è stata realizzata dal Rotary Club Pompei Oplonti Vesuvio Est del presidente Raffaele Maria Ricciardi, con la partecipazione morale del Comune di Torre Annunziata. Il lavoro è stato, poi, esposto con il patrocinio dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI) al XIII Congresso del The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage (TICCIH) nel 2006 a Terni. L´inaugurazione si è tenuta ieri presso gli Scavi di Oplonti. Il “Museo a cielo aperto dell´Arte Bianca” consiste in un percorso museale di Archeologia industriale, volto a far conoscere gli opifici delle paste alimentari che hanno reso Torre Annunziata famosa in tutto il mondo tra la fine dell´Ottocento e la prima metà del Novecento. L’itinerario porterà, così, a scoprire i tanti stabilimenti dismessi e quei pochi ancora esistenti, in un percorso suggestivo ed affascinante che si svilupperà dal Corso fino ad arrivare al centro storico della città. Difatti, sono ben sessantanove i pastifici inseriti nel percorso museale, di cui tredici demoliti. Un itinerario che ricostruisce, attraverso un censimento ed una catalogazione capillari, la storia industriale di un distretto unico, fiore all’occhiello di un passato glorioso che, purtroppo, non esiste più. Si pensi, infatti, che la produzione di paste alimentari a Torre, copriva oltre il 60 per cento dell’esportazione italiana all’estero. Le paste erano prodotte con grano ricco di glutine coltivato in Ucraina, denominato grano Tangarong. Erano trafilate al bronzo ed essiccate con procedimento lento, dalle 48 alle 72 ore, in tre distinte fasi di lavorazione (incaratamento, rinvenimento e asciugamento all’aperto lungo i marciapiedi e nei cortili delle fabbriche). L’industria dell’Arte Bianca assorbiva oltre tremila unità di manodopera, e non è un caso che a Torre Annunziata nacquero le prime società di mutuo soccorso operaio, che si sarebbero successivamente trasformate in organizzazioni sindacali. Una tradizione ed una storia industriale unica nel suo genere, che fa da contraltare nostalgico alla deindustrializzazione che seguì a partire dagli anni Sessanta, e che tuttora è causa della depressione socio-economica che affligge la nostra comunità. “Lungo questo percorso - spiega Ricciardi - saranno installati tre pannelli riportanti, ciascuno, una breve storia dell’arte bianca (sia in italiano che in inglese), una planimetria con l’ubicazione degli opifici (sia esistenti che demoliti), una legenda che reca il nome dell´opificio, l’anno di apertura e quello di cessazione dell´attività. In prossimità degli edifici segnalati, saranno installate inoltre le targhe contenenti notizie essenziali sulla storia del pastificio: anno di inizio attività, numero di addetti, tipo e quantità di produzione”. A tal proposito, il Rotary ha lanciato l´iniziativa “Adotta una targa”. I cittadini potranno parteciparvi sostenendo il costo della targa da affiggere in prossimità dell´opificio scelto e provvedere alla sua cura e conservazione nel tempo. Attualmente, il Rotary ha provveduto ad installare dieci targhe. Ne mancano altre cinquanta. “Con questo progetto - afferma il presidente Ricciardi - il Rotary si pone l´obiettivo di avviare, o quanto meno di stimolare, un processo di recupero del centro storico che potrebbe partire dal restauro delle facciate degli opifici, dalla riqualificazione dei marciapiedi storici (dove la pasta, complice il clima e l’aria, veniva stesa ad asciugare) e di incoraggiare la nascita di attività collegate”. DOMENICO GAGLIARDI (dal settimanale TorreSette del 18 giugno 2010)