A cura della Redazione
Stupro alla turista tedesca: confessione choc Torre Annunziata - «Era bella», raccontano ora i piccoli carnefici. «Ma ci guardava sempre in faccia, proprio negli occhi. Troppo». Ultima fermata, Rovigliano, "il Giudizio". La banda accusata della rapina con stupro sulla coppia di tedeschi a Rovigliano aveva compiuto altre scorribande. Ma c´è voluta l´esemplare solidità e la coraggiosa determinazione di una straniera di 25 anni, una psicologa cresciuta sulle letture di Kafka e Mann, per assicurare alla giustizia i tre stupratori di 16 anni, contro i quali la città malata non osava puntare il dito. Luigi S., figlio di un boss ergastolano, detto Limone. Giovanni L., secondogenito di un commerciante di frutta, alias Mollechella. E Valentino G., terzogenito di un impiegato comunale incensurato, sono tutti fermati nel Centro di prima accoglienza. Accusati di rapina a mano armata, sequestro, stupro, e incastrati dalle rispettive confessioni incrociate. A pensarci ora, con la suggestione del cerchio già chiuso, la loro resa era scritta in un libro che la vittima, Sandra, aveva portato con sé nel lungo viaggio che doveva essere «un tour romantico, lungo due mesi, lungo le coste del sud Italia». Un volumetto lasciato sul cruscotto e trovato nell´accurata ricognizione svolta dalla Scientifica sulla "Ford Escort" trasformata in camera delle torture di Sandra: e quel libro è "Das Urteil", "Il Giudizio", un racconto di Kafka, 1913. Nessuno degli aguzzini ci aveva fatto caso. Ma le impronte, tante, che la scientifica ha colto, spalmando tessuti e cruscotto di agenti chimici come la ninidrina e il cianacrilato, vengono anche da quel frontespizio. E saranno comparate nelle prossime ore con quelle degli indagati. Insieme al test del Dna già avviato dal vicequestore Fabiola Mancone. Due giorni e tre notti di indagini serrate. Un´inchiesta che sembra un film. Ma l´abbrivio lo dà la straordinaria forza di Sandra, la vittima. Il suo restare per ore a visionare foto e costruire identikit: malgrado gli occhi di pianto, lo choc, lo stress di ascoltare e farsi tradurre ogni domanda. Gli uomini diretti dal vicequestore Attilio Nappi non lasciano alcuna strada intentata. Prima rintracciano Luigi S., in abito crema e gemelli d´oro, fuori alla chiesa dove sta per sposarsi il fratello: e gli scovano addosso una pistola calibro 7.65. Poco dopo, in commissariato, quando Luigi sta impassibile al di là del vetro all´americana, Sandra ha uno scatto. Lo indica tra tre giovani. E chiede di farlo parlare. L´indagato Luigi pronuncia il suo nome a voce bassa, non si sente. Glielo fanno ripetere due volte e lui fa un gesto di stizza spazientito: in uno scatto sporge il busto in avanti. Ed è lì che Sandra salta dalla sedia, rivede il suo carnefice. «È lui - grida - sono sicura. La voce. E anche la gestualità del corpo». Poi si arriva all´identificazione dei complici. Anche da soprannomi. Mollichella, ad esempio. Giovanni e Valentino dormono nella stessa casa. Li portano negli uffici di polizia. Solo dopo, i baby aguzzini cominciano molto lentamente a cedere, a parlare. Ecco, in ordine sparso, il racconto. «Era bella, quella donna. Alta, bionda. Ma quando ci siamo avvicinati per fare quelle cose, lei non abbassava lo sguardo. Prima ci ha detto che forse era incinta. Noi abbiamo detto va be´, sta dicendo per gioco». E ancora: «I soldi erano pochi, volevamo fare uno sfregio. La ragazza sembrava una delle pubblicità, che si vedono sui giornali... Qualcuno ha perso la testa». E poi: «Ci guardava sempre in faccia, negli occhi. Questa cosa non me la dimentico. Quegli occhi pareva che ci accusavano. Perciò io sono rimasto nervoso tutto il tempo, e non sono riuscito a fare niente. Le ho detto di girarsi, di mettersi come dicevo io, ma quegli occhi era come se mi perseguitavano». I legali di Giovanni e Valentino, tuttavia, oggi negano «l´esistenza di qualunque confessione». Lo dice l´avvocato Massimiliano Lafranco. «Si dicono cose inesatte, qui è tutto da rifare». Gli indagati hanno infatti reso spontanee dichiarazioni, come la legge prevede. Circostanza che già viene usata dalla difesa, dal momento che il pm della Procura per i minori, «dopo legittima valutazione - dicono i legali - non ha raggiunto la sede del commissariato, non ha inteso ascoltarli in un interrogatorio di garanzia, dinanzi a noi». Forse solo quella scelta avrebbe blindato le dichiarazioni dei ragazzi, scongiurando rischi di ritrattazioni. Ma restano le accuse gravissime per Luigi, Giovanni e Valentino. Ora sono loro a dovere spiegare, presunti carnefici inchiodati dallo sguardo di Sandra. A Rovigliano, ultima fermata. CONCHITA SANNINO