A cura della Redazione
Aicovis, la cultura della non violenza L’Associazione italiana contro la violenza negli stadi prorompe e festeggia i 15 anni di vita con il suo primo lavoro editoriale: “Aicovis solidarietà ed amicizia”. E già si pensa al futuro e al primo Festival del calcio che si riterrà ad Assisi per rivalutare l’immagine dello sport. L’Associazione creata da Rosario Iannucci dimostra la sua vitalità, la sua forza che nasce soprattutto dal fatto di crederci veramente. E l’Aicovis, nonostante i venti contrari, soprattutto locali (nemo propheta in re sua, dicevano i latini), si afferma ancora una volta “apostola” della pace nello Sport. Al fianco di Iannucci e del suo team si sono schierati, proprio come in una partita di calcio, numerosi giornalisti della Gazzetta dello Sport e della Rai, Maurizio Nicita, Gianfranco Coppola, Giovanni Vitale, penne eccellenti di questo lavoro editoriale la cui introduzione è stata curata da Massimo Corcione, direttore di Sky Sport: un ennesimo “gol” dell’Aicovis che non manca lo “specchio della porta” quando si tratta di fare qualcosa di concreto per combattere la violenza nello sport. Era il maggio del 1985 quando dall’Heysel più che ad una partita di calcio sembrava assistere ad una guerra vissuta in prima linea. “Decisi di agire – ricorda Rosario Iannucci – Era il momento di dare una scossa alle coscienze degli italiani”. Da allora, episodi di teppismo, intolleranza e addirittura di follia omicida fanno (spesso) da cornice alle partite di calcio nostrano. E non solo. Violenza che in alcune occasioni viene perpetrata negli stadi anche per “mero” divertimento. E allora perché non cercare di contenere ancor di più la violenza sui campi di gioco (e non) puntando e scommettendo sull’educazione, la prevenzione e la repressione? Questa è una delle ricette di Iannucci. E’ necessario partire dai banchi di scuola per inculcare nei giovani quei principi e valori morali che sembrano oggi caduti nell’oblio, essendo ormai evidente che le campagne di informazione televisiva non sono affatto sufficienti né dirimenti. E poi spetterebbe agli organi di informazione dare il maggior risalto possibile alle iniziative di associazioni come l’Aicovis, in primis, che danno grandi esempi di civiltà, umanità, socialità. Attualmente l’Associazione ha in fase di attuazione un programma di potenziamento degli interventi nella scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado con il potenziamento del progetto “Un’ora di educazione allo sport”, per lo sviluppo di questo fondamentale aspetto della formazione, per far maturare una nuova consapevolezza sportiva ed etica fondata sul rispetto reciproco, sulla convivenza civile, sull’educazione alla vita. L’idea è di offrire agli studenti l’occasione di uno sport vissuto in modo gioioso, manifestando il senso di un sano tifo e di un leale agonismo per educare i tifosi di domani alla considerazione del valore della propria persona, alla passione per l’incitamento della squadra del cuore, al rispetto dell’avversario. Al fine di trasformare lo scontro fisico e verbale che oggi caratterizza le tifoserie in scontro creativo per sostenere la propria squadra. Un progetto che ha avuto il suo culmine nel primo libro dedicato all’educazione allo sport che aveva avuto già l’imprimatur del Ministro Melandri a Roma il 12 marzo dello scorso anno, quando Iannucci viene invitato a partecipare alla conferenza convocata per dare una scossa al mondo del calcio sconvolto dalle morti di Raciti e Licersi. Il monito di Lo Monaco è chiaro: “Commettiamo un grave errore se circoscriviamo certi episodi solo agli stadi… La questione è culturale, non solo sportiva”. E Iannucci e il suo team sono passati ai fatti. EMANUELA CIRILLO «Il nostro impegno continua» “Sono trascorsi 15 anni da quando misi la firma in calce all’atto che sanciva la nascita dell’Associazione. Era il luglio del 1993, da allora di acqua sotto i ponti ne è passata”. Rosario Iannucci ha qualche capello bianco in più, una folta schiera di estimatori ma anche qualche amico in meno. Molte cose sono cambiate, “altre restano tragicamente sempre uguali. Ed è per questo che la nostra missione non può e non deve fermarsi. Mai”. Qual è stato il primo, per così dire ‘esame’ di amicizia e di pace? “Il primo esame fu la mostra fotografica nella palestra dello Stadio Giraud. Fu il trampolino di lancio che mi spinse negli istituti di tutta la Regione. Ma il mio ricordo più caro e commosso è legato a due eventi: Il Giubileo dello sportivo a Roma quando regalai la maglia dell’Aicovis a Papa Wojtyla e il convegno al Bartolo Longo di Pompei”. Come è nata la collaborazione con la Gazzetta dello Sport? “Il filo che mi lega al più grande quotidiano sportivo nazionale s’intrecciò nove anni fa. Telefonai alla redazione napoletana e così riuscii a stabilire il contatto con la direzione milanese di Candido Cannavò, Chiesi il patrocinio per organizzare la mostra fotografica. Dopo una settimana arrivò il via libera e con esso tutto il materiale necessario per allestire gli stand e la scenografia”. Le difficoltà più grandi? “Le ho vissute proprio nella mia terra. Eppure l’Aicovis è un patrimonio torrese…” Eppure con la sua tenacia ha dimostrato si possono realizzare grandi imprese… “Non per me ma per lo sport. Lo scopo è insegnare ai giovanissimi il giusto approccio al mondo dello sport. La cultura delle regole, il vincolo dell’amicizia, il cemento della solidarietà sono i principi ispiratori dell’Aicovis. Valori fondanti. Il futuro della nostra società dipende soprattutto da questo: la crescita sana delle nuove generazioni”. (em. ci.)